Teodoro Mommsen
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Teodoro Mommsen era di quei tedeschi che si possono amare. Non rispondeva al tipo del barbaro e dotto teutonico che ha foggiato la nostra fantasia latina. Come Schopenhauer, come Heine, come Nietzsche, egli era uomo di vita e d'ardore. Autoritario, beffardo, ironico, entusiasta, artista, amante di contraddizioni: epigrafista che faceva della storia più viva della vissuta; democratico che adorava Cesare e il Cesarismo: latino d'animo, per la sua vivezza, per il suo spirito, per il suo amore, e nello stesso tempo spregiatore della nostra razza e della nostra arte. Era un nemico d'Italia che ha esaltato la romanità, ha creato e rinnovato lo studio dei nostri linguaggi più antichi, ha ricercate le nostre memorie più lontane, ha scritto la storia nostra più viva e colorita che si conosca.
G. Ferrero, nei due volumi che ha dato della sua Grandezza e decadenza di Roma, è il solo degli italiani che gli si accosti. E gli si accosta perchè l'imita, e quel suo vezzo di parlare di cose antiche con modi ed espressioni moderne è proprio del Mommsen. Soltanto che i richiami del tedesco eran politici e quelli dell'italiano son economici.
Ma è questione di mode. Anche il materialismo storico passerà cene son passati i teoremi delle filosofia storica hegeliana e le acconciature degli incroyables.
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