Leonardo

Fascicolo 10


in "Schermaglie"
Teodoro Mommsen
di Gian Falco (Giovanni Papini)
p. 12


p. 12


Teodoro Mommsen era di quei tedeschi che si possono amare. Non rispondeva al tipo del barbaro e dotto teutonico che ha foggiato la nostra fantasia latina. Come Schopenhauer, come Heine, come Nietzsche, egli era uomo di vita e d'ardore. Autoritario, beffardo, ironico, entusiasta, artista, amante di contraddizioni: epigrafista che faceva della storia più viva della vissuta; democratico che adorava Cesare e il Cesarismo: latino d'animo, per la sua vivezza, per il suo spirito, per il suo amore, e nello stesso tempo spregiatore della nostra razza e della nostra arte. Era un nemico d'Italia che ha esaltato la romanità, ha creato e rinnovato lo studio dei nostri linguaggi più antichi, ha ricercate le nostre memorie più lontane, ha scritto la storia nostra più viva e colorita che si conosca.
   G. Ferrero, nei due volumi che ha dato della sua Grandezza e decadenza di Roma, è il solo degli italiani che gli si accosti. E gli si accosta perchè l'imita, e quel suo vezzo di parlare di cose antiche con modi ed espressioni moderne è proprio del Mommsen. Soltanto che i richiami del tedesco eran politici e quelli dell'italiano son economici.
   Ma è questione di mode. Anche il materialismo storico passerà cene son passati i teoremi delle filosofia storica hegeliana e le acconciature degli incroyables.


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